A partire dalla documentazione fino a oggi seppellita negli archivi di Stato, questo libro ripercorre la storia della censura fascista alle prese con i testi del Varietà e dell’Avanspettacolo italiani, negli anni che vanno dal 1931 al 1943. Da Angelo Cecchelin ad Aldo Fabrizi,
“Fascismo, la risata involontaria della censura”
di Giulio Nascimbeni, Corriere della Sera, 12 novembre 1999
Si chiamava Leopoldo Zurlo, nato a Campobasso nel 1875, professione prefetto. Dal 1931 al 1943 fu lui a decidere di chi e di che cosa potevano ridere gli italiani. Zurlo, infatti, era il responsabile della censura teatrale fascista. Con una ricerca appassionata nell’ Archivio centrale di Stato, Nicola Fano ha ricostruito in un libro, “Tessere o non tessere”, la storia dei rapporti fra i comici e quel solitario signore che sopprimeva battute, eliminava interi sketch, vigilava piu’ sulla volgarita’ che sulla correttezza politica, del resto infranta in pochissimi casi. Nel 1936 Zurlo taglio’ la parola “deretano”. Nello stesso anno, durante la guerra coloniale d’ Etiopia, fu inflessibile contro i doppi sensi cui si prestava il “tukul”, la tipica capanna africana. Il mondo evocato da Fano e’ quello dell’ avanspettacolo, del varieta’ e delle prime grandi riviste: un mondo che ruotava intorno a due estremi: la fame e i lustrini, il frac a noleggio e il lame’ . Dalle carte di Leopoldo Zurlo, dai copioni polverosi e ingialliti, escono fantasmi lontani: come il ribelle triestino Angelo Cecchelin, con paglietta e naso rosso, che ebbe piu’ processi di un ladro per le sue trovate (gli chiesero: perche’ non si e’ ancora iscritto al partito fascista? Rispose: “Non pensavo che durasse tanto”). Censurato fu Aldo Fabrizi, che anticipava il neorealismo; grane ebbero i geniali fratelli De Rege, il grande autore Michele Galdieri, i dimenticati Enzo Turco e Guglielmo Inglese che inventarono “l’ esotismo dei poveri”, Toto’ nei panni di Al Gallina, parodia di Al Capone… Fano si muove come un rabdomante in questo giacimento di stinte locandine, di costumi abbandonati, di remoti nomi d’ arte, di battute appassite. Il titolo, “Tessere o non tessere”, deriva da una parodia del monologo di Amleto che Nuto Navarrini recitava al tempo di Salo’ , dei tedeschi e delle carte annonarie: “Tessere o non tessere? Ecco il problema. + piu’ nobile patire i colpi del razionamento o ribellarsi ai tagliandi…”. Leopoldo Zurlo era rimasto al Sud. Tutto crollava. In un angolo, tra le macerie, resisteva il piccolo mondo del “Vieni avanti, cretino”.
NICOLA FANO, Tessere o non tessere Edizioni Liberal Libri Pagine 160, lire 20.000